#ViaggiaLiberaMente :
Giappone 2017
Conosco perfettamente il mio egotismo/ Conosco le mie parole onnivore, e non posso dire niente di meno (W. Whitman)
Tanto più ci si distanzia da un oggetto, tanto più è facile vederlo nel suo insieme, valutare le sue forme, proporzioni, sfaccettature e ombre. Lo stesso è valido se si vuole analizzare sè stessi o semplicemente il contesto socio culturale a cui si appartiene.
E quando si cerca di frapporre una distanza, sia essa culturale, antropologica o meramente fisica, non v'è nulla di più facile che rivolgere le propria prua verso l'arcipelago del Giappone. E questo feci forse per caso, quando quasi 30 anni fa iniziai a leggere dei brevi racconti di Mishima, piccola porta di legno che conduce allo sconfinato mondo di Alice.
Riflettersi in uno specchio lontano, tanto affascinante quanto sconosciuto e profondo, permette così di acquisire col tempo consapevolezza della propria unicità, dei propri difetti, interessi e valori. Primo tra questi ultimi ho trovato sempre essere assolutamente la libertà, seguito poi dalla ricerca della bellezza.
La dea Amaterasu con avidità e reticenza ha instillato nel suo popolo l'attaccamento verso il mio primo valore, mentre ha elargito a piene mani l'amore per il buon gusto e un forte senso estetico. I giapponesi da sempre si sono dimostrati profondamente rispettosi dell'autorità, delle regole e della disciplina, posponendo e sacrificando così la libertà e l'indipendenza dell'idividuo.
Salvo poche grandi eccezioni, entrate nel mito proprio in relzione alla loro unicità, come la ribellione e il suicidio dell'erudito e funzionario Ōshio Heihachirō , o le vite dedite alla lotta antiautoritaria dei diffusori dell'anarchismo, Kotoku e Osugi, il popolo del Sol Levante ha preferito anteporre alla propria individualità, la fedeltà al proprio signore e il conformarsi alle regole e alla gerarchia per il bene della collettività.
Ben più radicale importanza ha invece avuto la passione per la bellezza, manifestata da sempre nel diffuso amore rivolto verso la natura, l'architettura, la poesia, la realizzazione di giardini, la semplice disposizione di fiori, la cerimonia del te, l'indossare un chimono; ogni più semplice gesto comune e quotidiano , è spesso ricco di un profondo senso estetico.
Dalla fisicità di un piccolo e sublime oggetto come un'impugnatura di spada con sbalzi dorati, la dedizione per la Bellezza come assoluto può arrivare alla massima idealizzazione messa in pratica con la realizzazione della bella morte, giunga essa in battaglia o meglio ancora per propria mano come nel seppuku (vedi la nobiltà degli gli ultimi momenti di uno Yoshitsune o di un Kusunoki Masashige o la purezza manifestata nel mediometraggio Yūkoku di Mishima).
E quando si cerca di frapporre una distanza, sia essa culturale, antropologica o meramente fisica, non v'è nulla di più facile che rivolgere le propria prua verso l'arcipelago del Giappone. E questo feci forse per caso, quando quasi 30 anni fa iniziai a leggere dei brevi racconti di Mishima, piccola porta di legno che conduce allo sconfinato mondo di Alice.
Riflettersi in uno specchio lontano, tanto affascinante quanto sconosciuto e profondo, permette così di acquisire col tempo consapevolezza della propria unicità, dei propri difetti, interessi e valori. Primo tra questi ultimi ho trovato sempre essere assolutamente la libertà, seguito poi dalla ricerca della bellezza.
La dea Amaterasu con avidità e reticenza ha instillato nel suo popolo l'attaccamento verso il mio primo valore, mentre ha elargito a piene mani l'amore per il buon gusto e un forte senso estetico. I giapponesi da sempre si sono dimostrati profondamente rispettosi dell'autorità, delle regole e della disciplina, posponendo e sacrificando così la libertà e l'indipendenza dell'idividuo.
Salvo poche grandi eccezioni, entrate nel mito proprio in relzione alla loro unicità, come la ribellione e il suicidio dell'erudito e funzionario Ōshio Heihachirō , o le vite dedite alla lotta antiautoritaria dei diffusori dell'anarchismo, Kotoku e Osugi, il popolo del Sol Levante ha preferito anteporre alla propria individualità, la fedeltà al proprio signore e il conformarsi alle regole e alla gerarchia per il bene della collettività.
Ben più radicale importanza ha invece avuto la passione per la bellezza, manifestata da sempre nel diffuso amore rivolto verso la natura, l'architettura, la poesia, la realizzazione di giardini, la semplice disposizione di fiori, la cerimonia del te, l'indossare un chimono; ogni più semplice gesto comune e quotidiano , è spesso ricco di un profondo senso estetico.
Dalla fisicità di un piccolo e sublime oggetto come un'impugnatura di spada con sbalzi dorati, la dedizione per la Bellezza come assoluto può arrivare alla massima idealizzazione messa in pratica con la realizzazione della bella morte, giunga essa in battaglia o meglio ancora per propria mano come nel seppuku (vedi la nobiltà degli gli ultimi momenti di uno Yoshitsune o di un Kusunoki Masashige o la purezza manifestata nel mediometraggio Yūkoku di Mishima).
Ecco ora solo alcuni esempi delle manifestazioni di bellezza in cui mi sono imbattuto durante mio ultimo viaggio effettuato nella terra degli eredi di Ninigi.
ISE
Il più sacro degli specchi che l'umanità abbia mai venerato si trova nel santuario shintoista di Ise. Esso è uno dei tre tesori che la dea solare Amaterasu ha consegnato a suo nipote Ninigi prima che scendesse sulla terra, insieme a gli altri due simboli del potere imperiale: la spada e il gioiello. Il viale di ghiaia circondato dalle possenti criptomerie, conduce ai sacri edifici in legno, ricostruiti ogni venti anni secondo progetti immutati dai tempi delle origini mitiche dell arcipelago. In pochi luoghi si può percepire il così stretto legame che intercorre tra l'uomo e le forze della natura, legame che il popolo giapponese ha da sempre rispettato, preservato e venerato.
I Kami albergano in ogni angolo all'interno dei sacri recinti di Ise.
VIA DEL TE'
Poco lontano dal elegante castello di Inuyama (uno dei pochi originali edifici scampati a secoli di devastazioni), all'interno del giardino Urakuen troviamo la casa da té di Jo-an, piccola e sublime "dimora del vuoto". La cerimonia del té, secondo i canoni sviluppati dal maetro Sen-no-Rikyu, doveva svolgersi in una piccola capanna composta da materali narurali grezzi, legno, bambù , paglia e fango per le pareti. La ristrettezza degli ambienti favoriva la l'ncontro diretto e profondo tra anfitrione e ospiti. La casa era sempre posta nella zona più isolata del giardino, dove alberi, piante, lanterne di pietra, e una ciotola con l'acqua favorivano la serenità e il rapporto uomo-natura.
BIJIN
Eredi delle dame di corte di epoca heian, delle bellezze del mondo fluttuante, le moderne bijn dotate di innata eleganza , buone maniere, alto livello culturale, con cura massima per il dettaglio e per la femminilità, illuminano le vie di Omotesando, i locali di Shibuya, i ristorantini di Shinjuku, i musei di Ueno; e autocompiacendosi per la loro bellezza risplendono poi nella pratica del cosplaying. Le rare occidentali che tentano di emularle, magari indossando uno preudo kimono di fabbricazione cinese ritenendosi erroneamente fashion o gothic, non fanno che appairire como vecchi pandini anni 80 arrancanti dietro una F1 sull'asfalto di Suzuka.
SPADE
Un bocco di grezzo ferro, può grazie alla sapienza e al lavoro dell'uomo, essere trasformato in una delle più sublimi opere d'arte. in un'opera di creazione considerata sacra, partendo da ferro magnetico e sabbia ferruginosa, ricavate una striscia di acciaio e una verga di ferro, queste venivano saldate, poi la lama dopo essere ripiegata molte vote e dopo essere forgiata veniva temprata, molata, lucidata e firmata. Il risultato? Secondo tecniche che hanno raggiunto la perfezione più di cinquecento anni fa abbiamo pura perfetta estetica in un oggetto dall' eccelsa pratica efficacia. Massimo utilizzo queste armi lo trovarono durante il cosidetto periodo degli stati combattenti (XV-XVI sec). Lettura consigliata: "Vita segreta del signore di Bushu" J.Tanizaki.
CILIEGI
L'amore del popolo giapponese per la fioritura dei ciliegi non conosce eguali. Quando i rozzi guerrieri entrarono in contatto con le arti e la poesia, non impiegarono molto a vedere nella caducità dei sakura, la bellezza e la transitorietà della loro stessa vita. Già da tempo tutta la cultura giapponese era influenzata dai concetti buddisti di impermanenza e immanenza.
"La natura usi come vuole dei corpi che sono suoi" diceva Seneca. Il ciliegio è comuque anche simbolo di rinascita e la venerazione anticamente rivolta ai ciliegi di montagna (yamazakura) , accompagnata dal consumo di sakè rituale, continua ancora oggi nelle chiassosi giornate di hanami, nei principali parchi di ogni città. (Nell VIII sec. si svolgeva il chinkasai, venerazione dei fiori, offerte di sake e preghiera affinchè i petali non cadessero essendo di buon auspicio il protarsi della loro presenza sui rami.
ah, fiori di ciliegio, caduti al vento,
un mero alito ricorda le vostre onde,
il loro turbinio al cielo senz'acqua.
Ki no Tsurayuki X sec.
Se solo potessimo cadere
come i fiori di ciliegio in primavera
così puri, così luminosi .
Okabe, pilota suicida, 1945
Testo&Foto -Manlio-
Nessun commento:
Posta un commento