pub-3756798086419606 LiberaMente: Viaggio nella fotografia: La fotografia in viaggio.

giovedì 16 febbraio 2017

Viaggio nella fotografia: La fotografia in viaggio.

LiberaMente presenta :

Viaggio intorno al mondo con Steve McCurry.



Parlando di viaggi, LiberaMente, non poteva non approfondire uno dei temi ad essi collegati : La fotografia.
E nel farlo non potevo trascurare, colui che della fotografia da viaggio, ne è l'emblema.

Steve McCurry non ha bisogno di presentazioni. Considerato uno dei grandi maestri della fotografia contemporanea, l’occhio della sua macchina fotografica, da più di 30 anni racconta in maniera intensa, poetica e realistica la condizione dell’uomo . 

“Evocare “l’ampio mosaico dell’esperienza umana e i miei incontri casuali con sagome e ombre, acqua e luce - afferma Steve McCurry- trasmettere al visitatore il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità”.

Nato nei sobborghi di Philadelphia, studia cinema e storia e si mantiene lavorando nelle cucine di mezza Europa prima di approdare ad un giornale locale.

Tutto ebbe inizio con un viaggio – racconta il fotografo – nel 1978, l’anno in cui mi licenziai dall’impiego di fotografo in un quotidiano di Filadelfia e comprai due centinaia di rullini fotografici e un biglietto di sola andata per l’India […] 

Fu la prima di una serie di lunghe avventure silenziose nel Sud e nell’Est del mondo da dove nel corso di tutti questi anni ci ha reso testimoni di luoghi che sembrano non incrociare il nostro sguardo. 
E’ qui , in india, che il fotografo impara a contemplare e a prendere coscienza  dell’importanza dell’attesa perchè le persone prima o poi tendono a dimenticarsi del tuo obbiettivo e la loro anima, all’improvviso si apre al tuo sguardo.
“La macchina fotografica consente di fissare un luogo e un momento particolari e ogni foto che scatto può essere vista come un’immagine indipendente e memorabile ma allo stesso tempo è parte di una storia più ampia”.”

La sua carriera debutta quando, grazie ad un travestimento, passa la frontiera pachistana  e approda nel territorio afgano sotto il controllo dei ribelli, poco prima dell’invasione dei russi.
Nasconde  le sue pellicole nelle cuciture dei vestiti e le sue immagini verrano pubblicate in tutto il mondo.
Saranno le prime( gli varranno la medaglia d’oro Robert Capa come migliore reportage) a mettere in scena il conflitto che agitava questa regione.

Steve McCurry ha coperto numerosi fronti di guerra internazionali o civili, a Beirut,nello Yemen, in Cambogia, nelle Filippine, a Cuba, nella guerra del Golfo, nei Balcani,in Tibet e appunto in Afghanistan. Il suo impegno  “senza confini” nei luoghi del mondo dove si accendono i conflitti si concentra sulla desolazione dei paesaggi e soprattutto sulla sofferenza nei volti delle popolazioni costrette a fuggire dalle proprie terre. Un tema che purtroppo è di grande attualità e che Steve McCurry ha documentato fin dalla fine degli anni ’70.

Universalmente riconosciuto come “il fotografo di Sharbat Gula”, la ragazza afgana fotografata in un campo di rifugiati a Peshawar, in Pakistan. Lo scatto è stato scelto come copertina del numero di giugno 1985 della rivista National Geographic Magazine, diventando in breve un’icona della fotografia ma anche un simbolo della speranza di pace . L’identità di questa giovane fanciulla afgana è rimasta sconosciuta per oltre 17 anni finché McCurry e un team del National Geographic si sono messi sulle sue tracce, 
Quando finalmente McCurry la ritrovò nel 2002,  disse: “La sua pelle è segnata, ora ci sono le rughe, ma lei è esattamente così straordinaria come lo era tanti anni fa” .
Un’esperienza fra le più intense sia da un punto di vista fotografico che umano.

Il suo lavoro è guidato dall’amore per questo pianeta e per le persone che incontra sul suo cammino che gli permettono di oltrepassare non solo le frontiere di guerra ma anche e soprattutto quelle del linguaggio grazie ad una profonda sensibilità ed umanità che fanno di Steve McCurry un magistrale interprete dello spirito di ogni vero viaggiatore.

“Un vero fotografo deve imparare a conoscere prima i soggetti delle sue foto, respirare la cultura del luogo che vuole fotografare, deve necessariamente fermarsi e assaggiare prima di premere il pulsante della sua macchina fotografica. 

A tutti gli appassionati di fotografia e di viaggi LiberaMente vuole consigliare questo libro scritto da Steve McCurry:

Le storie dietro le fotografie 



Scattate sotto tiro 

Si concentra sulle riprese in Afghanistan sul finire degli anni settanta quando le truppe sovietiche entrano in Afghanistan per aiutare il governo che cercava di soffocare la resistenza dei ribelli appoggiati dagli Stati Uniti. Il capitolo offre una serie di immagini in bianco e nero a tratti molto crude, cruente , in una parola documentaristiche.
Troviamo immagini che ritraggono Mujaidin con le loro armi, i ritratti di padri e figli impegnati in una guerra violentissima. 
Si legge nel libro “Durante questa prima incursione in Afghanistan, McCurry realizzò solo immagini in bianco e nero impiegando una pellicola Kodak Tri-x ad alta velocità solo perché lo sviluppo della pellicola a colori era troppo costoso e non ne aveva con sé una scorta sufficiente”.






L’India vista dal treno

Qui emerge con tutta la sua forza lo stile McCurry grazie all’impiego dei colori piacevolmente nitidi e saturi. 
Il fotografo ha sempre nutrito una vera e propria passione per la rete ferroviaria indiana che gli derivò dalla lettura di “The great railway bazaar” di Theroux. 
Qui Steve McCurry attraversò l'India in lungo e in largo, in treno e non solo fotografando stazioni, treni, passeggeri e incredibili paesaggi.

“Ogni volta che – racconta McCurry – arrivava un treno, tentavo di catturare l’incredibile trambusto che si creava, sforzandomi di non calpestare le persone accampate sui marciapiedi e di aprirmi la strada tra montagne di bagagli”.

Quello che colpisce sono i contrasti, il movimento e l’immobilità di una rete ferroviaria che è il paradigma di un sistema che nonostante le contraddizioni e le differenze continua a funzionare.






Il Monsone 

Cattura la tensione di volti e figure che tentano di ripararsi dalla pioggia torrenziale.A dir poco meravigliosa la fotografia che ritrae alcune donne in gruppo che, a stretto contatto, come in una danza, tentano di ripararsi da una tempesta di polvere nel Rajasthan,in India. In questo documento, il colore rosso vivo dei loro abiti contrasta con la polvere sollevata dal vento che le stringe come in una morsa.





Sharbat Gula

La fotografia di McCurry alla ragazza afghana è così universale che ad essa dedica un intero capitolo del libro. 
Siamo in Afghanistan nel 1984. Mentre nel paese infuria la guerra contro gli invasori sovietici, migliaia di profughi si dirigono verso i campi ai confini col Pakistan, lasciandosi alle spalle le loro case, miseria e disperazione. Lo sguardo della ragazza, dal nome Sharbat Gula, risulta talmente efficace da riassumere in un click questa storia, diventando presto un'icona della fotografia mondiale.
Il fotografo si trovava in quel territorio per documentare la situazione nei campi profughi. Un giorno si trovò nei pressi di una scuola femminile da campo vicino a Pehawar.
“Mi accorsi subito di quella ragazzina. Aveva un’espressione intensa, tormentata e uno sguardo incredibilmente penetrante eppure aveva solo 12 anni […] Quando ho iniziato a fotografare Gula non ho sentito e visto più nient’altro. Dopo qualche minuti si alzò e si allontanò ma per un istante tutto era stato perfetto, la luce, lo sfondo, l’espressione dei suoi occhi”. 




Dopo la tempesta

E' un reportage fotografico sulle devastazioni causate da questo evento naturale. McCurry parla qui della comunicazione tra il soggetto di una fotografia e l’osservatore che secondo il fotografo “Non può che scaturire dall’intima convinzione del fotografo di star facendo qualcosa di utile e significativo […] 
"Quando racconto una storia creo un documento storico e credo sinceramente che ciò sia utile per le persone che sto fotografando”.

Bombay è la metropoli indiana descritta nel capitolo “La porta dell’India”. Una città che McCurry esplora come se fosse un organismo vivente, fotografandone l’essenza in un contesto pieno di opportunità, rischi, povertà ed esclusione.

Le fotografie che si vedono in questa parte del libro sono per la maggior parte scattate per strada dove si svolge prevalentemente la vita degli abitanti. Fin dal primo viaggio in India,  il fotografo era rimasto colpito dai costumi e dalle tradizioni di questo paese e cerca quindi di ritrarre, attraverso la macchina fotografica, la quotidianità di questo popolo.

Nel capitolo è presente l’immagine di una statua gigantesca di Ganesh trasportata, durante una processione, da un gruppo di fedeli. Subito dopo aver scattato questa foto, McCurry venne aggredito rischiando di essere affogato. L’esperienza è raccontata in presa diretta dal fotografo. Questo come tanti altri aneddoti sono raccontati in questo splendido libro da McCurry.









Il volume prosegue con il suo viaggio in Kashmir, una valle che rappresenta la linea di confine tra due paesi non proprio amici . McCurry esplora questa terra remota e affascinante che vive da sempre sotto la minaccia della guerra. 

ll 10 settembre 2001, dopo 30 ore di viaggio dal Tibet, McCurry tornò nella sua casa a New York. Il giorno dopo, l’11 settembre, il fotografo si trovava nel suo studio quando la sua assistente ricevette una telefonata dalla madre che le diceva di guardare fuori dalla finestra. Pochi minuti prima il volo 175 della United Airlines si era schiantato sulla Torre Sud del World Trade Center.  McCurry prese la macchina fotografica e corse sul tetto dell’edificio del suo studio dal quale fotografò la tragedia ancora in corso. 40 minuti dopo la Torre Sud crollò e la Torre Nord implose.

Il resto della storia, purtroppo, la conosciamo.




"Ti metti in viaggio, prendi appunti, ti guardi attorno. All’inizio non vedi niente e cominci a preoccuparti ma col passare del tempo le cose cominciano a rivelarsi. Man mano che il viaggio prosegue impari a conoscere i ritmi di un luogo e all’improvviso vedi cose che prima non vedevi”

I consigli di LiberaMente per scattare un bella fotografia :

  • Porta pazienza
  • Chiedi il permesso
  • Prova compassione, non pietà
  • Usa il linguaggio dei colori
  • Documenta
  • Racconta una storia


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