Un leprecauno ha lanciato il suo incantesimo.
Mattia ed i suoi amici vanno a Dublino. Per errore capitano in un hotel nel quartiere più malfamato della città in mezzo a palazzoni popolari arrugginiti dal tempo e l' immondizia dilagante , tra tossici e senzatetto. Ogni giorno, puntuali come degli impiegati che devono timbrare il cartellino, si recano al Temple Bar, ritrovo di artisti da ogni angolo del mondo.
Da qui partono le loro avventure quotidiane nella verde terra d'Irlanda, tra nuovi compagni di merenda, nuovi boccali di Guinness ed epiche sbronze.
C’è qualcosa di speciale, di fatato, nella verde terra d'Irlanda che ogni anno attira gente da ogni dove.
Sarà la cultura celtica, la bellezza dei paesaggi, la gente così spontanea e cordiale o quell’alone magico e di mistero che, ancora oggi, avvolge l’isola di smeraldo.
E c’è qualcosa di incomparabile, indescrivibile e pazzesco nella loro festa nazionale: San Patrizio.
Un’occasione unica, forse paragonabile solo all’Oktober Fest tedesca, che permette a persone di tutto il mondo di ritrovarsi, fare baldoria insieme e perdersi cantando canzoni popolari, tra le Guinness servite al bancone da un ragazzo rasato e lentigginoso e le vie affollate e rumorose di Dublino.
Io, insieme a due dei miei più grandi amici siamo pronti e, impavidi, accettiamo questa sfida impegnativa.
Da sempre affascinati dalla cultura Irlandese, appassionati di musica Folk, amanti della loro birra nazionale e dei loro Whiskey (che poi scopriremo essere molti di più di quanti abbiamo mai immaginato) nonché della loro storia e delle loro leggende. Leggende di guerrieri indomabili, di Rune magiche, di lotte per la libertà e di epiche sbronze.
L’irlanda è ricca di storie e ogni taverna, ogni pub, ogni signora anziana che potrete incontrare, ve ne racconterà una diversa.
Ma la nostra meta principale rimane la festa di San Patrizio: la festa nazionale del patrono d’Irlanda.
Avevamo sentito storie su quello che accade a Dublino nei giorni precedenti il 17 marzo e sono anni che vogliamo parteciparvi.
Finalmente decidiamo che è giunto il momento di invadere la terra irlandese e di bere quante più guinness il nostro corpo avrebbe sopportato.
Ovviamente la nostra capacità organizzativa lascia parecchio a desiderare quindi, i primi ostacoli, si presentano subito al momento della prenotazione di un alloggio decente.
Se volete andare a farvi una settimana di bevute durante il periodo di San Patrizio e non volete alloggiare troppo lontano dal centro, un consiglio: prenotate l’estate prima. Noi poveri illusi, infatti, abbiamo tentato il tutto per tutto a Gennaio con il risultato di aver trovato l’hotel a una ventina di minuti di Taxi dal centro. Non una distanza abissale, ma quando alle due di notte le Guinness fanno effetto e la tua percezione della realtà è leggermente (si fa per dire) alterata, dover cercare un taxi per tornare in hotel, resistere all’impulso di ornare gli interni della macchina con quello che vi siete bevuti fino a pochi minuti prima e trascinarsi fino al quarto piano di un albergo di periferia, puzzando di birra e sigarette, è un’esperienza che vi potete tranquillamente evitare.
Quando Matteo mi ha chiesto di contribuire al suo blog con il racconto di un viaggio ero indeciso su come impostare il tutto.
Questo non sarà un racconto dettagliato sulle (tantissime) attività che potete fare a Dublino, non sarà una guida sulle attrattive storico culturali della città, nè tantomeno una recensione sui migliori ristoranti della capitale d’Irlanda.
Questo è il racconto del più disorganizzato, casuale, etilico ed idiota viaggio che abbia mai fatto in vita mia. Tutto quello che viene descritto in queste poche righe è quello che una persona sana di mente non dovrebbe assolutamente fare, se non vuole che il viaggio in Irlanda rimanga impresso nella mente come una gigantesca macchia di vomito.
Ma nonostante i problemi organizzativi, qualche svenimento, qualche rissa sfiorata e un simpatico ragazzo russo che cerca di pisciarci in testa in un vicolo mentre ci gustiamo un osceno hamburger, ho amato ogni istante di quella vacanza.
Quello che voglio fare oggi è condividere con voi un po’ di quella follia, un pizzico di incoscienza giovanile e mettere nero su bianco i miei ricordi prima che il tempo li faccia svanire del tutto.
Perché è un qualcosa da ricordare, perché questa esperienza ci ha unito nella pelle e nell’anima, perché anche se niente va come hai previsto puoi sempre farti spillare una Guinness, accenderti una sigaretta e riderci su con quelli che diventano i tuoi fratelli.
La decisione di ritrovarci la sera prima per partire insieme si rivela subito sbagliata. La solenne promessa: “Stasera non beviamo che domani dobbiamo partire” è stata rotta pochi minuti dopo aver messo piede nel nostro solito pub.
La serata passa tra amici che propongono svariati brindisi alla nostra partenza, qualche abbraccio e un augurio che si rinnova : “Mi raccomando: tornate vivi”.
Neanche siamo partiti e già un quantitativo notevole di Guinness scorre nel nostro organismo.
Dopo una notte in bianco, verso le quattro imbocchiamo la superstrada: direzione Orio al Serio.
Appena superati i controlli di sicurezza un po’ di emozione comincia a farsi strada e decidiamo subito di affogarla facendo colazione. Una Becks e un cornetto ci sembra subito la soluzione migliore.
L’atterraggio all’aeroporto Internazionale di Dublino è più traumatico del previsto. Il carrello del 737 della Rayanair, che ci ha, accompagnato in terra irlandese, non ha ancora toccato il suolo quando un’allarmante scoperta ci fa capire che siamo degli idioti. Esclamo parole poco carine e guardando un mio compagno di viaggio domando : “Quale era l’unica cosa che dovevamo fare in aeroporto a Bergamo?” Vidi il pallore farsi largo nel suo viso e le pupille dilatarsi. “Cazzo! Le sigarette!!!”.
Ora, chi non è un fumatore abituale, non ha la minima idea della tragedia che si stava consumando durante le ultime fasi dell’atterraggio.
Essendo due di noi fumatori accaniti, l’esserci scordati di fare provviste di tabacco è stato un errore madornale e da principianti: un pacchetto in Irlanda, all’epoca, costava già dai 7 ai 10 euro. Il nostro budget iniziale cominciava già a risentirne.
Sconsolati per questa tremenda scoperta e non prima di esserci insultati come si deve, cerchiamo e troviamo quasi subito un taxi per raggiungere l’albergo.
Non appena entriamo nell'abitacolo, il tassista ci chiede dove siamo diretti.
“Travelodge Hotel a Ballymun”
Si gira di scatto, il che non fa presagire nulla di buono: “Ballymun? Siete sicuri?”
“Si, è scritto qui. Travelodge hotel Ballymun. Perché?”
“Voi siete pazzi”
“Perché?”
“Ballymun non è un posto per turisti”
Per quelli che, come i tre simpatici idioti di questo racconto, non hanno familiarità con la città di Dublino, dovete sapere che Ballymun è il quartiere più disadattato e disagiato della città. Attualmente ho letto che c’è un progetto milionario di riqualifica del quartiere ma, quando andammo noi, era un posto veramente ai margini della società. Non appena il taxi lascia l’autostrada per imboccare le stradine che portano al nostro albergo, le parole dell’autista diventano improvvisamente chiarissime: tossicodipendenti per la strada, palazzoni popolari scrostati dal tempo e dall’umidità, sporcizia che si accumula ai margini delle vie, signore senzatetto che spingono carrelli pieni zeppi di ciarpame e infine un ragazzino (non avrà avuto più di dodici anni) che, dalla sua bicicletta ci da il suo personale benvenuto con un fiero dito medio.
Tutti e tre ci guardiamo negli occhi e sorridiamo nervosi pensando :
“Ma dove cazzo siamo finiti?”
Per fortuna l’hotel pare essere pulito ed accogliente ma un dubbio amletico ci passa per la mente al momento del check in.
Convinti che l’albergo non avesse camere triple, in Italia abbiamo prenotato due doppie e, una volta lì, l’attraente ragazza della reception ci chiede se vogliamo una tripla o mantenere le due doppie.
Delle persone normali avrebbero fatto la scelta più ovvia ripiegando per la tripla. Ma in quel momento la scelta migliore ci sembra mantenere le due doppie per usare la seconda stanza come appoggio. Per cosa non lo sapremo mai, però la teniamo e ci rendiamo conto della cazzata il minuto stesso in cui varcammo la porta della stanza: ci sono tre letti per stanza. Abbiamo una stanza in più completamente inutile.
Ma non è tempo di perdersi in chiacchiere. Fatta una rapida doccia ci dirigiamo verso il più vicino supermarket. Se volete passare una settimana in cui, principalmente, vi ciberete di Guinness e quindi, molto probabilmente, non avrete né la forza né le facoltà mentali per fare la spesa i giorni successivi. Il primo giorno vi conviene procurarvi: docciaschiuma, una grossa scorta d’acqua, aranciata, coca cola, stuzzichini sia dolci che salati, accendini, dentifricio, fazzoletti, paracetamolo, protezione gastrica e abbonamento all’autobus che in Irlanda oltre che ad essere economico è pure molto efficiente.
Troviamo tutto il necessario e con l’emozione nel cuore andiamo ad aspettare l’autobus per dirigerci verso il centro.
Sembriamo tre bimbi la mattina di natale: siamo elettrici, emozionati, non riusciamo ancora a credere di essere lì e non vediamo l’ora di entrare al primo pub.
Da Ballymun ci si approccia verso il centro attraverso una strada che attraversa tutta la periferia di Dublino. Si, è esattamente come ve la immaginate.
Le tipiche case anglosassoni dei quartieri borghesi, prati curati con l’erba di un verde perfetto, i colori del mattone, degli alberi e del pallido sole che si stava preparando a tramontare rendevano tutto magico.
L’autobus si ferma in O’Connell street, una delle arterie principali della città. La strada, dedicata a Daniel O’Connell, è una delle più lunghe d’Europa e viene anche detta la strada dei tre adulteri, per via della accuse di Adulterio formulate conto i tre personaggi raffigurati nelle tre statue che si incontrano lungo la via.
Nel mezzo della strada troneggia lo Spire, una gigantesca struttura a forma di Ago.
O’Connell street è stata teatro di molti eventi storici che hanno caratterizzato la città: la Serrata di Dublino, l’insurrezione di Pasqua e la rivolta irlandese del 1922 giusto per citarne alcuni.
E’ anche il punto centrale da cui parte la Parata di San Patrizio, ma di questo parleremo più avanti.
La prima cosa che facciamo appena scesi dall’autobus è, ovviamente, la più scontata di tutte: cerchiamo un bar dove bere finalmente la prima Guinness.
Ci spostiamo lungo la via dei tre adulteri per un po’ fino ad incontrarne uno di nostro gradimento.
Il primo brindisi a Dublino non si scorda mai, è li che realizzi che ci sei, sei nella capitale d’Irlanda, sei a contatto con l’isola e le sue tradizioni, sei davanti a una Guinness e tutto, magicamente, diventa più bello.
Siamo vivamente emozionati: è il primo sorso della prima pinta, l’inizio ufficiale della nostra avventura.
Dopo qualche sorso e qualche sigaretta, pagata un occhio della testa, ci avviamo verso la nostra vera meta della serata: Temple Bar.
Negli anni è diventata il punto centrale della festa di San Patrizio perdendo, forse, un po’ di originalità e diventando un po’ turistica ma incarna perfettamente lo spirito della festa. Rinomato ritrovo per artisti di strada, non puoi fare a meno di farti catturare dall’atmosfera, dalla musica incessante che arriva da ogni angolo, da ragazzi di tutto il mondo che disegnano, suonano, ballano e si sbronzano felici per le vie del quartiere.
Siamo già inebriati dall’aria magica che si respira li attorno.
Giriamo per un po’ a zonzo, rapiti da ogni cosa su cui posiamo gli occhi, fino ad arrivare a The Temple Bar, il pub più famoso della città e forse di tutta l’Irlanda.
Appena entrati ci sembra di essere in un film: l’atmosfera, l’arredamento, i suoni, gli odori sono esattamente quelli che ci aspettavamo di trovare.
Sentiamo della musica in sottofondo e cerchiamo in tutti i modi di avvicinarci il più possibile al piccolo palco del locale.
C’è una ragazza che suona musica irlandese con un violino accompagnata da un ragazzo con la chitarra. E’ magia. Ci sentiamo attirati da quel duo e molto probabilmente, il dio irlandese delle sbronze, sta guardando giù perché ci fa trovare un tavolo proprio davanti ai musicisti.
Ordiniamo Guinness come se non ci fosse un domani e presi dall’alcol e dalla musica cominciamo ad accompagnarli con delle percussioni improvvisate.
Il risultato è del tutto inaspettato: i due ragazzi sembrano divertiti e compiaciuti del nostro gesto e la gente intorno batte le mani come ulteriore accompagnamento. E’ stato un momento unico: siamo arrivati solo da qualche ora e già ci sentiamo come se quel posto ci appartenesse.
E’ questo il bello di Dublino: non importa chi tu sia, non importa da dove tu venga o cosa tu faccia nella vita. Troverai sempre un posto caldo, una pinta tra le mani e il calore delle persone nei pub e nelle strade che ti faranno sentire come se tu fossi a casa.
Proseguiamo la serata parlando con tutti, insegniamo a dei ragazzi irlandesi dei cori da stadio italiani, che loro buffamente storpiano cantando a squarcia gola. Siamo tutti amici, tutti fratelli che si ritrovano al bar. E’ stata una notte di baldorie, di canti e di grandi abbracci.
Il mattino dopo (si fa per dire) facciamo la classica colazione da post sbronza: caffè e paracetamolo.
Decidiamo di girare un pò per le strade affollate dai turisti. Dublino ha un’aria che nessuna altra città al mondo possiede. E’ un qualcosa che ti rapisce e ti fa stare bene con te stesso, nonostante i postumi.
La cosa migliore da fare per attenuare il mal di testa e il vago sentore di morte dopo una notte come quella è solo una: ricominciare a bere.
Ordiniamo un paio di Guinness e ritorniamo in possesso delle nostre facoltà mentali. Quindi decidiamo, di comune accordo, di continuare a bere per perderle di nuovo.
Mentre attraversiamo il ponte che da O’connell street porta a Temple Bar dei ragazzi di una nazionalità ignota ci vengono incontro, ci salutano calorosamente ricordandoci il delirio della notte precedente e ci danno appuntamento a più tardi.
Non abbiamo idea di chi siano.
E’ il bello della sbronza, quell’essere così in pace con tutti da essere amico di ogni persona che ti parla, così tanto da condividere con lui momenti incredibili che probabilmente non ricorderai più.
La sbronza sopraggiunge di nuovo e passiamo la serata tra pinte, tra sconosciuti e sentimentali abbracci alcolici.
Sfortunatamente uno dei miei amici esagera un pò con l’assunzione di alcol e mentre ci avviciniamo alla mezzanotte si trasforma sempre più in un cadavere che in un uomo.
Quindi facciamo l’unica cosa che due amici possono fare in una situazione del genere: fermiamo un taxi, cacciamo Giò dentro a forza, passiamo al taxista venti euro, gli chiediamo di accompagnarlo fino all’ hotel e torniamo allegramente a bere.
Concludiamo inspiegabilmente la serata in una discoteca Techno sotterranea, circondati da individui che definire strafatti è un eufemismo. Beviamo un paio di cocktail improvvisandoci ridicolmente ballerini e poi, quando notiamo che un nutrito gruppo di transessuali, dalle fattezze tutt’altro che femminili, ci punta insistentemente, decidiamo di tornare in hotel.
Mentre percorriamo le strade di Dublino in taxi, ci viene in mente che forse lasciare un mezzo cadavere in balia di un tassista sconosciuto in una città straniera poteva risultare una mossa potenzialmente fatale.
Fortunatamente Giò è in hotel, con tutti e due i reni, e russa pesantemente.
Quindi facciamo l’unica altra cosa che due amici possono quando ti capitano queste situazioni: lo svegliamo a suon di schiaffoni.
Ci svegliamo con Giò non particolarmente di buon umore ma abbiamo un compito importante: il tatuaggio.
Perché vi chiedete? Beh, che fai…….Vai a Dublino, a San Patrizio, con due dei tuoi migliori amici e non ti tatui?
L’idea originale era un piccolo trifoglio, che non doveva notarsi molto come ricordo della vacanza.
Ma, una volta nello studio, può essere che l’alcol alteri la percezione delle proporzioni perché il trifoglio scelto non è piccolo e si nota decisamente, soprattutto se, come Marco decidi di farlo sul collo.
Ci tatuiamo ovviamente a turno, tutti con lo stesso trifoglio delle medesime dimensioni e quando uno dei tre sta “sotto i ferri” gli altri due ingannano l’attesa facendo l’unica cosa possibile : bere!
La cosa degenera quasi subito: mentre Giò è sotto i ferri io e Marco veniamo colti da un’improvvisa pigrizia, quindi, lui cerca di dare cinquanta euro ad un piccione affinché ci porti delle Guinness. Il piccione non sembra molto interessato e deve aver trovato la proposta di Marco un po’ offensiva, perché se ne vola via quasi subito. Esperimento fallito.
I festeggiamenti per il nuovo tatuaggio proseguono ma decidiamo ( o quantomeno tentiamo) di tornare in hotel prima per essere più riposati il giorno dopo visto che, finalmente, sarebbe stato il giorno di San Patrizio.
La parata inizia verso le undici di mattina e noi non vogliamo perdercela.
Riusciamo a liberarci dalle tenaglie del Temple Bar ad un orario decente e puntiamo la sveglia.
Sfortunatamente l’alcol deve aver alterato anche il nostro senso del tempo perché verso le undici e trenta siamo ancora in hotel in coma e a fatica ci rendiamo conto di essere in un ritardo pazzesco. Indossiamo subito qualcosa di verde e prendiamo un taxi per fare prima, ovviamente non pensando che le strade del centro sarebbero state chiuse.
Riusciamo in qualche modo a vedere la parte finale della parata su O’connel Street e un pezzo in altra via della città. Quando una ragazza che ci sta affianco, presa da una voglia matta di lasciare un segno a Dublino, vomita a pochi centimetri da noi, decidiamo che della parata ne abbiamo abbastanza e andiamo a goderci la vera festa nei pub.
La giornata diventa pressoché assurda. Siamo già tutti (e con tutti intendo TUTTI) ubriachi sin dal primo pomeriggio e quello che succede si trasforma presto in un ricordo sfocato di Guinness e goffi tentativi di approccio con una ragazza conosciuta il giorno prima. Ancora Guinness… fallimento dei tentativi di approccio…Guinness, uno spintone per separare Marco da un tizio che voleva fregagli il cappello…Guinness, pogate a temple bar…Guinness, cori beceri…Guinness e un ritorno in taxi devastante…fino alla morte a letto.
Sfortunatamente per impegni di lavoro devo lasciare questo mondo incantato il giorno dopo, mentre gli altri due rimarranno ancora per una giornata.
Mentre sento il 737 della Rayan che decolla una fitta al cuore mi prende: forse è per il post sbronza, ma mi piace pensare che sia un sintomo di nostalgia, una nostalgia che proverò per sempre.
L’Irlanda ti lascia qualcosa dentro: è un qualcosa che non si può descrivere, una sensazione di familiarità , di casa che ti fa desiderare di ritornarci il prima possibile. Dublino è una città meravigliosa. La sua storia, la sua arte e la sua cultura si respirano in ogni mattone, in ogni strada e, perché no, in ogni pub in cui metterete piede.
Ci sono molte cose da vedere in città: l’università, il castello, la fabbrica della Guinnes, la galleria nazionale, il Phoenix Park, lo zoo, Kilmainham House, la Cattedrale di Christ Church, etc etc, ma se volete veramente assaporare la città perdetevi. Girate a zonzo, entrate in ogni pub, anche in quelli più malmessi.
Mangiate lì uno stufato, entrate in contatto con i Dubliners e fatevi raccontare qualcosa, qualsiasi cosa.
Vivete la città e non limitatevi alle attrazioni turistiche o culturali e vi assicuro che ve ne innamorerete. Non ho descritto tutto quello che ci è successo, tutta le gente che abbiamo conosciuto e che ancora oggi sentiamo, siano essi di Dublino o di qualsiasi altra parte del mondo ma vi assicuro che tornerete a casa più ricchi, più sbronzi e più Irlandesi.
Perchè da qualche parte, nascosto dietro un bancone o in un vicolo, un Leprecauno vi lancerà un incantesimo e vi innamorerete dell’Isola di Smeraldo.
Sarà la cultura celtica, la bellezza dei paesaggi, la gente così spontanea e cordiale o quell’alone magico e di mistero che, ancora oggi, avvolge l’isola di smeraldo.
E c’è qualcosa di incomparabile, indescrivibile e pazzesco nella loro festa nazionale: San Patrizio.
Un’occasione unica, forse paragonabile solo all’Oktober Fest tedesca, che permette a persone di tutto il mondo di ritrovarsi, fare baldoria insieme e perdersi cantando canzoni popolari, tra le Guinness servite al bancone da un ragazzo rasato e lentigginoso e le vie affollate e rumorose di Dublino.
Io, insieme a due dei miei più grandi amici siamo pronti e, impavidi, accettiamo questa sfida impegnativa.
Da sempre affascinati dalla cultura Irlandese, appassionati di musica Folk, amanti della loro birra nazionale e dei loro Whiskey (che poi scopriremo essere molti di più di quanti abbiamo mai immaginato) nonché della loro storia e delle loro leggende. Leggende di guerrieri indomabili, di Rune magiche, di lotte per la libertà e di epiche sbronze.
L’irlanda è ricca di storie e ogni taverna, ogni pub, ogni signora anziana che potrete incontrare, ve ne racconterà una diversa.
Ma la nostra meta principale rimane la festa di San Patrizio: la festa nazionale del patrono d’Irlanda.
Avevamo sentito storie su quello che accade a Dublino nei giorni precedenti il 17 marzo e sono anni che vogliamo parteciparvi.
Finalmente decidiamo che è giunto il momento di invadere la terra irlandese e di bere quante più guinness il nostro corpo avrebbe sopportato.
Ovviamente la nostra capacità organizzativa lascia parecchio a desiderare quindi, i primi ostacoli, si presentano subito al momento della prenotazione di un alloggio decente.
Se volete andare a farvi una settimana di bevute durante il periodo di San Patrizio e non volete alloggiare troppo lontano dal centro, un consiglio: prenotate l’estate prima. Noi poveri illusi, infatti, abbiamo tentato il tutto per tutto a Gennaio con il risultato di aver trovato l’hotel a una ventina di minuti di Taxi dal centro. Non una distanza abissale, ma quando alle due di notte le Guinness fanno effetto e la tua percezione della realtà è leggermente (si fa per dire) alterata, dover cercare un taxi per tornare in hotel, resistere all’impulso di ornare gli interni della macchina con quello che vi siete bevuti fino a pochi minuti prima e trascinarsi fino al quarto piano di un albergo di periferia, puzzando di birra e sigarette, è un’esperienza che vi potete tranquillamente evitare.
Quando Matteo mi ha chiesto di contribuire al suo blog con il racconto di un viaggio ero indeciso su come impostare il tutto.
Questo non sarà un racconto dettagliato sulle (tantissime) attività che potete fare a Dublino, non sarà una guida sulle attrattive storico culturali della città, nè tantomeno una recensione sui migliori ristoranti della capitale d’Irlanda.
Questo è il racconto del più disorganizzato, casuale, etilico ed idiota viaggio che abbia mai fatto in vita mia. Tutto quello che viene descritto in queste poche righe è quello che una persona sana di mente non dovrebbe assolutamente fare, se non vuole che il viaggio in Irlanda rimanga impresso nella mente come una gigantesca macchia di vomito.
Ma nonostante i problemi organizzativi, qualche svenimento, qualche rissa sfiorata e un simpatico ragazzo russo che cerca di pisciarci in testa in un vicolo mentre ci gustiamo un osceno hamburger, ho amato ogni istante di quella vacanza.
Quello che voglio fare oggi è condividere con voi un po’ di quella follia, un pizzico di incoscienza giovanile e mettere nero su bianco i miei ricordi prima che il tempo li faccia svanire del tutto.
Perché è un qualcosa da ricordare, perché questa esperienza ci ha unito nella pelle e nell’anima, perché anche se niente va come hai previsto puoi sempre farti spillare una Guinness, accenderti una sigaretta e riderci su con quelli che diventano i tuoi fratelli.
La decisione di ritrovarci la sera prima per partire insieme si rivela subito sbagliata. La solenne promessa: “Stasera non beviamo che domani dobbiamo partire” è stata rotta pochi minuti dopo aver messo piede nel nostro solito pub.
La serata passa tra amici che propongono svariati brindisi alla nostra partenza, qualche abbraccio e un augurio che si rinnova : “Mi raccomando: tornate vivi”.
Neanche siamo partiti e già un quantitativo notevole di Guinness scorre nel nostro organismo.
Dopo una notte in bianco, verso le quattro imbocchiamo la superstrada: direzione Orio al Serio.
Appena superati i controlli di sicurezza un po’ di emozione comincia a farsi strada e decidiamo subito di affogarla facendo colazione. Una Becks e un cornetto ci sembra subito la soluzione migliore.
L’atterraggio all’aeroporto Internazionale di Dublino è più traumatico del previsto. Il carrello del 737 della Rayanair, che ci ha, accompagnato in terra irlandese, non ha ancora toccato il suolo quando un’allarmante scoperta ci fa capire che siamo degli idioti. Esclamo parole poco carine e guardando un mio compagno di viaggio domando : “Quale era l’unica cosa che dovevamo fare in aeroporto a Bergamo?” Vidi il pallore farsi largo nel suo viso e le pupille dilatarsi. “Cazzo! Le sigarette!!!”.
Ora, chi non è un fumatore abituale, non ha la minima idea della tragedia che si stava consumando durante le ultime fasi dell’atterraggio.
Essendo due di noi fumatori accaniti, l’esserci scordati di fare provviste di tabacco è stato un errore madornale e da principianti: un pacchetto in Irlanda, all’epoca, costava già dai 7 ai 10 euro. Il nostro budget iniziale cominciava già a risentirne.
Sconsolati per questa tremenda scoperta e non prima di esserci insultati come si deve, cerchiamo e troviamo quasi subito un taxi per raggiungere l’albergo.
Non appena entriamo nell'abitacolo, il tassista ci chiede dove siamo diretti.
“Travelodge Hotel a Ballymun”
Si gira di scatto, il che non fa presagire nulla di buono: “Ballymun? Siete sicuri?”
“Si, è scritto qui. Travelodge hotel Ballymun. Perché?”
“Voi siete pazzi”
“Perché?”
“Ballymun non è un posto per turisti”
Per quelli che, come i tre simpatici idioti di questo racconto, non hanno familiarità con la città di Dublino, dovete sapere che Ballymun è il quartiere più disadattato e disagiato della città. Attualmente ho letto che c’è un progetto milionario di riqualifica del quartiere ma, quando andammo noi, era un posto veramente ai margini della società. Non appena il taxi lascia l’autostrada per imboccare le stradine che portano al nostro albergo, le parole dell’autista diventano improvvisamente chiarissime: tossicodipendenti per la strada, palazzoni popolari scrostati dal tempo e dall’umidità, sporcizia che si accumula ai margini delle vie, signore senzatetto che spingono carrelli pieni zeppi di ciarpame e infine un ragazzino (non avrà avuto più di dodici anni) che, dalla sua bicicletta ci da il suo personale benvenuto con un fiero dito medio.
Tutti e tre ci guardiamo negli occhi e sorridiamo nervosi pensando :
“Ma dove cazzo siamo finiti?”
Per fortuna l’hotel pare essere pulito ed accogliente ma un dubbio amletico ci passa per la mente al momento del check in.
Convinti che l’albergo non avesse camere triple, in Italia abbiamo prenotato due doppie e, una volta lì, l’attraente ragazza della reception ci chiede se vogliamo una tripla o mantenere le due doppie.
Delle persone normali avrebbero fatto la scelta più ovvia ripiegando per la tripla. Ma in quel momento la scelta migliore ci sembra mantenere le due doppie per usare la seconda stanza come appoggio. Per cosa non lo sapremo mai, però la teniamo e ci rendiamo conto della cazzata il minuto stesso in cui varcammo la porta della stanza: ci sono tre letti per stanza. Abbiamo una stanza in più completamente inutile.
Ma non è tempo di perdersi in chiacchiere. Fatta una rapida doccia ci dirigiamo verso il più vicino supermarket. Se volete passare una settimana in cui, principalmente, vi ciberete di Guinness e quindi, molto probabilmente, non avrete né la forza né le facoltà mentali per fare la spesa i giorni successivi. Il primo giorno vi conviene procurarvi: docciaschiuma, una grossa scorta d’acqua, aranciata, coca cola, stuzzichini sia dolci che salati, accendini, dentifricio, fazzoletti, paracetamolo, protezione gastrica e abbonamento all’autobus che in Irlanda oltre che ad essere economico è pure molto efficiente.
Troviamo tutto il necessario e con l’emozione nel cuore andiamo ad aspettare l’autobus per dirigerci verso il centro.
Sembriamo tre bimbi la mattina di natale: siamo elettrici, emozionati, non riusciamo ancora a credere di essere lì e non vediamo l’ora di entrare al primo pub.
Da Ballymun ci si approccia verso il centro attraverso una strada che attraversa tutta la periferia di Dublino. Si, è esattamente come ve la immaginate.
Le tipiche case anglosassoni dei quartieri borghesi, prati curati con l’erba di un verde perfetto, i colori del mattone, degli alberi e del pallido sole che si stava preparando a tramontare rendevano tutto magico.
L’autobus si ferma in O’Connell street, una delle arterie principali della città. La strada, dedicata a Daniel O’Connell, è una delle più lunghe d’Europa e viene anche detta la strada dei tre adulteri, per via della accuse di Adulterio formulate conto i tre personaggi raffigurati nelle tre statue che si incontrano lungo la via.
Nel mezzo della strada troneggia lo Spire, una gigantesca struttura a forma di Ago.
O’Connell street è stata teatro di molti eventi storici che hanno caratterizzato la città: la Serrata di Dublino, l’insurrezione di Pasqua e la rivolta irlandese del 1922 giusto per citarne alcuni.
E’ anche il punto centrale da cui parte la Parata di San Patrizio, ma di questo parleremo più avanti.
La prima cosa che facciamo appena scesi dall’autobus è, ovviamente, la più scontata di tutte: cerchiamo un bar dove bere finalmente la prima Guinness.
Ci spostiamo lungo la via dei tre adulteri per un po’ fino ad incontrarne uno di nostro gradimento.
Il primo brindisi a Dublino non si scorda mai, è li che realizzi che ci sei, sei nella capitale d’Irlanda, sei a contatto con l’isola e le sue tradizioni, sei davanti a una Guinness e tutto, magicamente, diventa più bello.
Siamo vivamente emozionati: è il primo sorso della prima pinta, l’inizio ufficiale della nostra avventura.
Dopo qualche sorso e qualche sigaretta, pagata un occhio della testa, ci avviamo verso la nostra vera meta della serata: Temple Bar.
Negli anni è diventata il punto centrale della festa di San Patrizio perdendo, forse, un po’ di originalità e diventando un po’ turistica ma incarna perfettamente lo spirito della festa. Rinomato ritrovo per artisti di strada, non puoi fare a meno di farti catturare dall’atmosfera, dalla musica incessante che arriva da ogni angolo, da ragazzi di tutto il mondo che disegnano, suonano, ballano e si sbronzano felici per le vie del quartiere.
Siamo già inebriati dall’aria magica che si respira li attorno.
Giriamo per un po’ a zonzo, rapiti da ogni cosa su cui posiamo gli occhi, fino ad arrivare a The Temple Bar, il pub più famoso della città e forse di tutta l’Irlanda.
Appena entrati ci sembra di essere in un film: l’atmosfera, l’arredamento, i suoni, gli odori sono esattamente quelli che ci aspettavamo di trovare.
Sentiamo della musica in sottofondo e cerchiamo in tutti i modi di avvicinarci il più possibile al piccolo palco del locale.
C’è una ragazza che suona musica irlandese con un violino accompagnata da un ragazzo con la chitarra. E’ magia. Ci sentiamo attirati da quel duo e molto probabilmente, il dio irlandese delle sbronze, sta guardando giù perché ci fa trovare un tavolo proprio davanti ai musicisti.
Ordiniamo Guinness come se non ci fosse un domani e presi dall’alcol e dalla musica cominciamo ad accompagnarli con delle percussioni improvvisate.
Il risultato è del tutto inaspettato: i due ragazzi sembrano divertiti e compiaciuti del nostro gesto e la gente intorno batte le mani come ulteriore accompagnamento. E’ stato un momento unico: siamo arrivati solo da qualche ora e già ci sentiamo come se quel posto ci appartenesse.
E’ questo il bello di Dublino: non importa chi tu sia, non importa da dove tu venga o cosa tu faccia nella vita. Troverai sempre un posto caldo, una pinta tra le mani e il calore delle persone nei pub e nelle strade che ti faranno sentire come se tu fossi a casa.
Proseguiamo la serata parlando con tutti, insegniamo a dei ragazzi irlandesi dei cori da stadio italiani, che loro buffamente storpiano cantando a squarcia gola. Siamo tutti amici, tutti fratelli che si ritrovano al bar. E’ stata una notte di baldorie, di canti e di grandi abbracci.
Il mattino dopo (si fa per dire) facciamo la classica colazione da post sbronza: caffè e paracetamolo.
Decidiamo di girare un pò per le strade affollate dai turisti. Dublino ha un’aria che nessuna altra città al mondo possiede. E’ un qualcosa che ti rapisce e ti fa stare bene con te stesso, nonostante i postumi.
La cosa migliore da fare per attenuare il mal di testa e il vago sentore di morte dopo una notte come quella è solo una: ricominciare a bere.
Ordiniamo un paio di Guinness e ritorniamo in possesso delle nostre facoltà mentali. Quindi decidiamo, di comune accordo, di continuare a bere per perderle di nuovo.
Mentre attraversiamo il ponte che da O’connell street porta a Temple Bar dei ragazzi di una nazionalità ignota ci vengono incontro, ci salutano calorosamente ricordandoci il delirio della notte precedente e ci danno appuntamento a più tardi.
Non abbiamo idea di chi siano.
E’ il bello della sbronza, quell’essere così in pace con tutti da essere amico di ogni persona che ti parla, così tanto da condividere con lui momenti incredibili che probabilmente non ricorderai più.
La sbronza sopraggiunge di nuovo e passiamo la serata tra pinte, tra sconosciuti e sentimentali abbracci alcolici.
Sfortunatamente uno dei miei amici esagera un pò con l’assunzione di alcol e mentre ci avviciniamo alla mezzanotte si trasforma sempre più in un cadavere che in un uomo.
Quindi facciamo l’unica cosa che due amici possono fare in una situazione del genere: fermiamo un taxi, cacciamo Giò dentro a forza, passiamo al taxista venti euro, gli chiediamo di accompagnarlo fino all’ hotel e torniamo allegramente a bere.
Concludiamo inspiegabilmente la serata in una discoteca Techno sotterranea, circondati da individui che definire strafatti è un eufemismo. Beviamo un paio di cocktail improvvisandoci ridicolmente ballerini e poi, quando notiamo che un nutrito gruppo di transessuali, dalle fattezze tutt’altro che femminili, ci punta insistentemente, decidiamo di tornare in hotel.
Mentre percorriamo le strade di Dublino in taxi, ci viene in mente che forse lasciare un mezzo cadavere in balia di un tassista sconosciuto in una città straniera poteva risultare una mossa potenzialmente fatale.
Fortunatamente Giò è in hotel, con tutti e due i reni, e russa pesantemente.
Quindi facciamo l’unica altra cosa che due amici possono quando ti capitano queste situazioni: lo svegliamo a suon di schiaffoni.
Ci svegliamo con Giò non particolarmente di buon umore ma abbiamo un compito importante: il tatuaggio.
Perché vi chiedete? Beh, che fai…….Vai a Dublino, a San Patrizio, con due dei tuoi migliori amici e non ti tatui?
L’idea originale era un piccolo trifoglio, che non doveva notarsi molto come ricordo della vacanza.
Ma, una volta nello studio, può essere che l’alcol alteri la percezione delle proporzioni perché il trifoglio scelto non è piccolo e si nota decisamente, soprattutto se, come Marco decidi di farlo sul collo.
Ci tatuiamo ovviamente a turno, tutti con lo stesso trifoglio delle medesime dimensioni e quando uno dei tre sta “sotto i ferri” gli altri due ingannano l’attesa facendo l’unica cosa possibile : bere!
La cosa degenera quasi subito: mentre Giò è sotto i ferri io e Marco veniamo colti da un’improvvisa pigrizia, quindi, lui cerca di dare cinquanta euro ad un piccione affinché ci porti delle Guinness. Il piccione non sembra molto interessato e deve aver trovato la proposta di Marco un po’ offensiva, perché se ne vola via quasi subito. Esperimento fallito.
I festeggiamenti per il nuovo tatuaggio proseguono ma decidiamo ( o quantomeno tentiamo) di tornare in hotel prima per essere più riposati il giorno dopo visto che, finalmente, sarebbe stato il giorno di San Patrizio.
La parata inizia verso le undici di mattina e noi non vogliamo perdercela.
Riusciamo a liberarci dalle tenaglie del Temple Bar ad un orario decente e puntiamo la sveglia.
Sfortunatamente l’alcol deve aver alterato anche il nostro senso del tempo perché verso le undici e trenta siamo ancora in hotel in coma e a fatica ci rendiamo conto di essere in un ritardo pazzesco. Indossiamo subito qualcosa di verde e prendiamo un taxi per fare prima, ovviamente non pensando che le strade del centro sarebbero state chiuse.
Riusciamo in qualche modo a vedere la parte finale della parata su O’connel Street e un pezzo in altra via della città. Quando una ragazza che ci sta affianco, presa da una voglia matta di lasciare un segno a Dublino, vomita a pochi centimetri da noi, decidiamo che della parata ne abbiamo abbastanza e andiamo a goderci la vera festa nei pub.
La giornata diventa pressoché assurda. Siamo già tutti (e con tutti intendo TUTTI) ubriachi sin dal primo pomeriggio e quello che succede si trasforma presto in un ricordo sfocato di Guinness e goffi tentativi di approccio con una ragazza conosciuta il giorno prima. Ancora Guinness… fallimento dei tentativi di approccio…Guinness, uno spintone per separare Marco da un tizio che voleva fregagli il cappello…Guinness, pogate a temple bar…Guinness, cori beceri…Guinness e un ritorno in taxi devastante…fino alla morte a letto.
Sfortunatamente per impegni di lavoro devo lasciare questo mondo incantato il giorno dopo, mentre gli altri due rimarranno ancora per una giornata.
Mentre sento il 737 della Rayan che decolla una fitta al cuore mi prende: forse è per il post sbronza, ma mi piace pensare che sia un sintomo di nostalgia, una nostalgia che proverò per sempre.
L’Irlanda ti lascia qualcosa dentro: è un qualcosa che non si può descrivere, una sensazione di familiarità , di casa che ti fa desiderare di ritornarci il prima possibile. Dublino è una città meravigliosa. La sua storia, la sua arte e la sua cultura si respirano in ogni mattone, in ogni strada e, perché no, in ogni pub in cui metterete piede.
Ci sono molte cose da vedere in città: l’università, il castello, la fabbrica della Guinnes, la galleria nazionale, il Phoenix Park, lo zoo, Kilmainham House, la Cattedrale di Christ Church, etc etc, ma se volete veramente assaporare la città perdetevi. Girate a zonzo, entrate in ogni pub, anche in quelli più malmessi.
Mangiate lì uno stufato, entrate in contatto con i Dubliners e fatevi raccontare qualcosa, qualsiasi cosa.
Vivete la città e non limitatevi alle attrazioni turistiche o culturali e vi assicuro che ve ne innamorerete. Non ho descritto tutto quello che ci è successo, tutta le gente che abbiamo conosciuto e che ancora oggi sentiamo, siano essi di Dublino o di qualsiasi altra parte del mondo ma vi assicuro che tornerete a casa più ricchi, più sbronzi e più Irlandesi.
Perchè da qualche parte, nascosto dietro un bancone o in un vicolo, un Leprecauno vi lancerà un incantesimo e vi innamorerete dell’Isola di Smeraldo.
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